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Cromalux

 

Con il percorso Cromalux l’artista scava e scuote le emozioni degli interlocutori delle sue opere, soprattutto di coloro che si prestano ad osservare i lavori con la giusta e vorace “fame”. È molto riduttivo parlare di fotografia, un’analisi dettagliata e attenta vedrebbe nelle opere di Giulio Spagone delle vere sculture di luce, composizioni ottiche che denaturalizzano il soggetto originale creandone uno nuovo e diverso – questo divario permette una lettura a doppio taglio: Fichte interpreterebbe questa come una retorica dottrinale innovativa, il soggetto in sé arricchito e completato dal soggetto fuori di sé.
Ogni opera segna un passaggio fondamentale nella crescita di tipo emozionale dell’artista, prescindendo dalla soggettiva individualità dello stesso, è una romantica tensione verso l’indefinito di cui Giulio Spagone non è interprete ma spettatore; dunque si possono rintracciare emozioni sensitive sospese tra l’intimo stato d’animo del soggetto composto e le differenti e caratterizzanti soluzioni interpretative finali (ambigue anche per via dell’ambivalenza delle intitolazioni delle opere).
La figura immortalata è tutta invasa dal predominio dello sdoppiamento della personalità, dettato dalla scissione tra immagine e sensazione, razionalità e istinto, scrutati tra le vertigini di un’idea raccontata con qualcosa di assolutamente visibile ma sorprendentemente non tangibile. È una diatriba sensoriale, combattuta tra leopardiani infiniti, che se pur solo figli dell’immaginazione, restano mari nei quali è dolce naufragar.
Giulio Spagone compone un concreto dialogo tra il messaggio e lo spettatore, indirizzandogli, senza alcuna prepotente invadenza, la strada da percorrere rimanendo immobili nello stesso punto. Ciò abbatte le barriere di distanza interpretativa: la luce e i colori che ben si prestano a questo preciso e meticoloso lavoro, divengono strumento di legame quanto mai coerente con un discorso emotivo.
Il paradossale punto di forza è la perdita di equilibrio, un instabile vortice calato in una dialettica costante tra pratica “sensibile” e “senso”.

Sabrina Delliturri

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